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Written by: Professione e Formazione

Il concorso è solo l’inizio

I concorsi di architettura sono sempre un’arma a doppio taglio per la committenza: se da una parte costruiscono alternative di scelta, dall’altra legano il futuro del progetto richiesto a proposte che, proprio per la natura competitiva dell’esercizio, rischiano di essere tanto seducenti quanto elaborate in fretta, talvolta senza sufficiente cognizione di causa degli elementi critici alla sua riuscita (o a quella del suo processo realizzativo) nel contesto dato. Il risultato sono le querelle di cui sembra essere infarcito il dibattito architettonico, di solito senza vincitori né vinti, che comunque lasciano sul campo edifici insoddisfacenti o proposte irrealizzate.
Non che sia necessariamente colpa (o solo colpa) degli architetti che ai concorsi partecipano. Sono anche i clienti che, spesso e volentieri, antepongono il valore del «suggerimento» architettonico immediato alla riflessione ponderata sul programma, sull’edificio, la sua vita, il suo funzionamento.
Il concorso internazionale organizzato dall’Università di Melbourne per la progettazione della nuova sede della Facoltà di Architettura, Costruzione e Pianificazione va letto in quest’ottica. Piú che un edificio, infatti, alla Facoltá interessava scegliere un progettista con cui sviluppare un programma tanto ambizioso quanto ancora in fieri, nel quale mescolare piani di rinnovo immobiliare, pedagogia, innovazione tecnologica e ricerca applicata.
Così, a giugno è stata lanciata una richiesta aperta per espressioni d’interesse in rete, cui hanno risposto quasi 150 studi da tutto il mondo. Dallo scrutinio del materiale pervenuto, strutturato sulla base delle risposte date alle sei domande contenute nel bando, sono usciti sei gruppi cui è stato chiesto di produrre sotto parcella, in poco meno di due mesi e previa visita al campus, proposte che chiarissero idee di fondo per il progetto specifico, metodi di lavoro (compreso il building information modeling) e risultati ipotizzabili. All’inizio di settembre, dopo una serie di colloqui a Melbourne, è stato selezionato il gruppo formato da John Wardle Architects (Melbourne) e Office dA (Boston).
Il bello però viene adesso. Infatti, una volta messa da parte la preoccupazione di chi farà il progetto, c’è da lavorare seriamente, insieme ai professionisti prescelti, sui parametri funzionali, tecnologici, ambientali e manutentivi del programma.
Il budget, circa 53 milioni di euro, è già deciso. Ma quanto dovrà durare l’edificio? Come si utilizzerà veramente? Dove dovrebbero concentrarsi le risorse? Quanto si è disposti a spendere per mantenerlo e rinnovarlo? Consisterá solo di un progetto o di tanti progetti integrabili? Quali sono le alternative tecnologiche? Come si farà a trasformare la sua costruzione in un laboratorio per gli studenti? Si potranno monitorare ambientalmente gli spazi costruiti?
Domande e risposte preliminari occuperanno ancora qualche mese e daranno luogo a discussioni animate, anche perché rischiano di entrare nel merito delle scale di valori degli architetti selezionati, comunque riflesse nella proposta suggerita. Dopodiché partirà il progetto schematico e ognuno si ritirerà nel ruolo consueto. La scommessa della Facoltà è che quanto fatto fino a questo punto produrrà un apprezzamento diverso delle decisioni prese, delle priorità stabilite e dei percorsi tracciati, minimizzando i rischi dell’investimento.
Non rimane che aggiornarsi.

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Last modified: 17 Luglio 2015